Con un grande progetto espositivo corale, Fantastica racconta l’arte in Italia dei primi venticinque anni del XXI secolo attraverso cinque percorsi d’indagine individuati dalle curatrici e dai curatori. I filoni di indagine sviluppati dalle diverse sezioni della mostra si susseguono in un percorso che si dipana in tutti gli ambienti al piano terra di Palazzo Esposizioni.
In La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto, sezione curata da Luca Massimo Barbero, lo spunto tematico è la rappresentazione del sé, ovvero la possibilità di scegliere come raffigurarci o da cosa farci raffigurare. L’interesse non è tanto per il mito di Narciso, quanto per l’Orfeo di Jean Cocteau, dove lo specchio non è più un oggetto fisico che restituisce un’immagine, bensì una soglia tra due mondi comunicanti.
Per Francesco Bonami nella sua Memoria piena. Una stanza solo per sé, i concetti di indipendenza e autonomia sono i più connotanti della generazione presa in considerazione. Ciascun artista è legato a una propria identità in connessione con molteplici altre, senza però la necessità di appartenenza a gruppi o tendenze. Una stanza solo per sé, dal saggio di Virginia Woolf, è a un tempo manifesto e soluzione allestitiva della sua sezione.
Con Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?, Emanuela Mazzonis si focalizza sulla fotografia e sull’uso che ne viene fatto nell’arte contemporanea. Il filo conduttore è la consapevolezza che questo mezzo non è più rappresentazione del reale, ma rivelazione. Il valore e il senso del fotografare mutano di continuo verso nuove e ingegnose possibilità di espressione.
Francesco Stocchi, nella sua sezione volutamente senza titolo per esaltare l’atto creativo, dà vita a una prospettiva di autarchia procedurale collettiva, ripristinando la centralità dell’artista, non solo nella creazione dell’opera, ma anche nel processo di progettazione dello spazio espositivo pensato per accogliere e affabulare il pubblico.
Il corpo incompiuto di Alessandra Troncone invita infine a un confronto sulle possibili narrazioni contemporanee del corpo umano e non umano, guardando al mito, alla scienza, alle trasformazioni sociali e scegliendo opere che nutrono visioni composite, stratificate.
Un calendario di performance, capaci di trasformare il percorso espositivo in un luogo di continua attivazione e relazione tra corpo, spazio e opera, arricchisce la 18ª Quadriennale d’arte, amplificando e rendendo più immersiva l’esperienza della visita.
Elemento unificante della mostra è l’allestimento progettato da BRH+ / Barbara Brondi & Marco Rainò: un sistema di dispositivi architettonici definiscono gli spazi, accolgono le opere e orientano i visitatori, con la presenza di velari che sembrano voler mettere in rapporto osmotico, più che separare, le cinque sezioni.
L’identità visiva creata dallo Studio Sonnoli di Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi trae ispirazione dall’universo fantastico surrealista, sintetizzato nella grande “F” che fa da logo a questa Quadriennale d’arte.