La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto. Il cibo, i gatti, la palestra, me stesso, i viaggi e ammennicoli vari
A cura di Luca Massimo Barbero
L’autoritratto è qui un pretesto e un enigma. L’autore si mostra in ciò che fa, ma resta fuori da sé. Tredici artisti, di tre generazioni, disegnano un percorso che si muove tra recto e verso, come nei pannelli bifronti che aprono la mostra, ispirati a un’opera rara e privata di Lucio Fontana. «Io sono un santo», dice il fronte; «Io sono una carogna», il retro.
La prima sala apre il percorso con un confronto diretto tra gesto e identità, frontalità e retroscena, avviando una riflessione sull’opera come spazio in cui l’artista prende posizione o si sottrae. Da qui si snoda una sequenza di lavori, in gran parte inediti, che presentano la pittura di oggi in Italia nelle sue diversità e contrasti attraversando la loquacità del linguaggio pittorico e le sue ambiguità, fino a oltrepassare ─ senza dichiararla ─ la soglia dell’opera da cui l’artista si fa rappresentare. La sala intermedia, ci espone al mistero del concetto e della composizione musicale. Prima della chiusura, un passaggio inatteso apre una “crepa” e prepara a un’ultima visione dove il tempo si sospende e lo sguardo si fa lungo, silenzioso e continuo. Un dialogo sottile tra soggettività talvolta polimorfe, opposte o contraddittorie, che condividono con il pubblico una visione della propria opera che si definisce nel tempo, tra differenze di gesto, materia e pensiero. È un fare artistico che attraversa i territori mobili della rappresentazione e dell’identità. In fondo, in queste sale, non si cerca un riflesso, ma un respiro più quieto, la possibilità di vedere davvero, anche oltre sé stessi.
Gli artisti partecipanti
Paolo Bini, Gianni Caravaggio, Siro Cugusi, Roberto de Pinto, Donato Dozzy, Matteo Fato, Emilio Gola, Luisa Lambri, Luca Marignoni, Roberta Orio, Runo B, Marta Spagnoli, Vedovamazzei.
Memoria piena. Una stanza solo per sé
A cura di Francesco Bonami
Non ho voluto pensare a un tema che unificasse gli artisti da me selezionati se non quello della propria indipendenza e autonomia. Al pubblico il piacere e il compito, non l’obbligo, di trovare connessioni, reali o immaginarie, fra i vari artisti, o magari non trovarne alcuna, confermando l’autonomia o magari l’insularità di ognuno di loro. Ho scelto artisti con cui non ho mai lavorato prima, artisti che non avessero mai partecipato alla Quadriennale, artisti che avessero meno di cinquant’anni, artisti vivi. Non esiste tra loro alcun filo rosso o affinità elettiva apparente, eppure in tutti si fa avanti una necessità di definire proprio quello che Virginia Woolf cercava, una stanza invisibile ma tutta per sé. Un mondo dentro altri innumerevoli mondi. Una storia intrecciata con altre innumerevoli storie. Tutti cercano in qualche modo di disconnettersi dalla realtà perennemente connessa, eternamente informata, costantemente svuotata dell’intimità necessaria a costruire o scomporre la propria identità presente. Ognuno di loro, a modo suo, dice o prova a dire: «qui ci sto Io». Dove ‘Io’ non rappresenta una forma di prevaricazione, ma la sintesi di tutto, al di là di generi, etnie, nazionalità e classi sociali. «Io, come voi, sono Io». Così, riconoscendosi come semplici e autonomi ‘Io’, siamo in grado di rispettare tutti gli ‘Io’ che sono gli altri. Ubuntu! Che in lingua Bantù significa «Io sono perché tu sei».
Gli artisti partecipanti
Friedrich Andreoni, Lupo Borgonovo, Roberto Cattivelli, Giulia Cenci, Cecilia De Nisco, Luca Gioacchino Di Bernardo, Chiara Enzo, Emiliano Furia, Jem Perucchini, Beatrice Scaccia, Lorenzo Vitturi, Shafei Xia.
Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?
A cura di Emanuela Mazzonis di Pralafera
Come reagisce l’arte di fronte all’inondazione di foto, selfie, meme, screenshot, gif, reel, stories che sommergono la nostra vista? La sezione presenta un focus sul ruolo delle immagini e sull’evoluzione della fotografia in Italia dal 2000 al 2025: undici artisti di generazioni differenti dimostrano la versatilità del mezzo fotografico e indagano quale sia il valore e la responsabilità delle immagini. Fino a che punto possiamo fidarci di ciò che guardiamo? Per quale ragione siamo così dipendenti dalle immagini che oggi sono sempre meno da guardare e sempre più da vivere e condividere come gesto “social”? La mostra propone una pausa da questo flusso incontrollabile: qui le opere più che riprodurre cercano di rivelare. La fotografia si discosta dalla sua liturgia rappresentativa e arriva a dialogare con altri linguaggi, oltrepassando i confini della cornice per svelare il suo significato più vero e nascosto al nostro sguardo. La mostra analizza il potere che la fotografia ancora possiede nel rendere visibile l’invisibile e nel portarci a riflettere su cosa si nasconde dietro le immagini, anziché limitarsi ad osservarle.
Gli artisti partecipanti
Eleonora Agostini, Jacopo Benassi, Andrea Camiolo, Irene Fenara,Linda Fregni Nagler, Teresa Giannico,Massimo Grimaldi,Francesco Jodice,Giovanni Ozzola,Giulia Parlato,Davide Tranchina.
Senza titolo
A cura di Francesco Stocchi
Una mostra senza titolo, dichiaratamente priva della tematica che identifica le esposizioni collettive, in cui lo scopo non è tanto illustrare o elaborare un concetto, quanto configurarsi come atto creativo.
In un momento di riflessione generale sulla forma e sulle responsabilità che le istituzioni culturali sono chiamate ad assumere, invitati a riflettere sull’arte italiana del primo quarto di secolo, emerge l’esigenza di rivedere i paradigmi consolidati negli ultimi decenni, attraverso una mostra dal carattere tautologico, che si costituisce nel suo farsi.
In un panorama culturale privo, da generazioni, di autentiche correnti artistiche – segnato da una parte dalla rigida settorializzazione delle competenze e delle figure professionali, e dall’altra da una diffusa spinta alla contaminazione tra arte e industrie culturali – si avverte la volontà di restituire all’artista maggiore autonomia operativa, immaginandolo come agente unico della pratica espositiva. L’intera mostra prende avvio da un processo condiviso e autogestito con lo scopo di superare ogni intermediazione, coinvolgendo gli artisti in un esercizio inedito: immaginare, sviluppare e seguire ogni fase – dall’allestimento all’illuminazione, dalla comunicazione al linguaggio adottato – in dialogo con le problematiche e le opportunità legate alla gestione concreta dello spazio espositivo.
Radunatisi a varie riprese, gli artisti e il curatore, si sono confrontati in un dibattito aperto ed esteso, partendo dai principi fondamentali di una mostra e misurandosi in una rilettura estensiva dei ruoli predefiniti. Aspetti da tempo considerati assodati e divenuti convenzioni acquisite sono stati messi in discussione, a beneficio di un ampliamento dello sguardo sulle possibilità della creazione contemporanea. Gli artisti non hanno quindi soltanto presentato le loro opere, ma hanno contribuito alla realizzazione di una mostra che è al tempo stesso opera e processo.
Gli artisti partecipanti
Micol Assaël, Luca Bertolo, Adelaide Cioni, Martino Gamper, Valerio Nicolai, Lulù Nuti, Pietro Roccasalva, Arcangelo Sassolino, Alessandro Sciarroni.
Il corpo incompiuto
A cura di Alessandra Troncone
La mostra presenta artiste e artisti che si confrontano con le possibili narrazioni del corpo contemporaneo, in un’accezione estesa che include umano e non umano. Conteso tra una dimensione “incarnata”, materiale e tangibile, e il suo essere “codice”, il corpo si presenta come soggetto in continua trasformazione: il titolo richiama quindi il concetto di incompiutezza come uno stadio di perenne passaggio, piuttosto che di imperfezione, enfatizzando un’idea di apertura e permeabilità che lascia intravedere nuovi modi di relazionarsi con l’altro e con le alterità.
Assumendo come punto di partenza ideale il progressivo avanzamento delle ricerche in ambito genetico negli ultimi decenni, con un’attenzione a fenomeni di mutazione e ibridazione, Il corpo incompiuto si chiede quanto l’eredità biologica definisca effettivamente ciò che siamo, intrecciando miti del passato e visioni futuristiche, e aprendo il campo alla potenza immaginifica dell’arte nel fantasticare su ciò che potremmo diventare attraverso lo sguardo di artiste e artisti alla loro prima partecipazione alla Quadriennale d’arte.
Gli artisti partecipanti
Camilla Alberti, Diego Cibelli, Antonio Della Guardia, Federica Di Pietrantonio, Valentina Furian, Iva Lulashi, Roberto Pugliese, Agnes Questionmark, Emilio Vavarella.