Le grandi pareti dei ritratti nascondono le storie intrappolate nei campi e nei meandri della memoria di chi ha visto e vissuto. Grandi volti di deportati ci guardano, ci interpellano, ci chiedono di ricordare e di raccontare.
Accostando l’orecchio alle pareti si sentono le voci e le storie dei sopravvissuti, di coloro che si sono presi carico di raccontare a noi, oggi. Sono alcuni dei testimoni che sono tornati ad Auschwitz ad accompagnare i più giovani. Sono coloro che vogliono affidare la loro memoria a nuovi testimoni.
Tre schermi accolgono i volti degli studenti che hanno ideato e voluto questo percorso e che, con i loro racconti, danno inizio a questa nuova, eppure così primaria, forma di memoria.
Il percorso prosegue con tre approfondimenti. Uno dedicato alla progettazione della "macchina di sterminio” e alla pianificazione degli esperimenti scientifici. Uno alla babele linguistica, la "Lagersprache", la lingua che serviva a sopravvivere in un luogo dove non capirsi e non capire poteva significare essere fucilati all’istante. Uno al tentativo di recuperare le innumerevoli identità registrate come numeri di serie. In questa sala spetta al visitatore, avvicinandosi ai monitor, far riaffiorare l’identità perduta dei prigionieri.