Intervengono Monica Centanni, Flavio Cuniberto, Silvia De Laude, Monica Ferrando, Piermario Vescovo, Giulia Zanon
Il 21 aprile 1923 Aby Warburg, nella clinica svizzera di Kreuzlingen, dedica una conferenza al Rituale del serpente. Si tratta di un complesso di danze, immagini e usanze religiose proprie della cultura Hopi, osservate in loco nel corso di un viaggio compiuto nel Far West vent’anni prima per "fuggire" dallo stile di vita occidentale.
Il discorso fa ampio uso di immagini illustrative, scattate in buona parte dall’autore stesso, appassionato fotografo, e divenute in seguito famose.
Precoce, del 1984, la traduzione italiana ad opera di Gianni Carchia per un numero della rivista "Aut-aut" tutta dedicata a Warburg. Solo, però, con l’edizione tedesca del 1988 questo testo diverrà, a torto o a ragione, il più diffuso nel mondo tra quelli del grande storico dell’arte. Tale diffusione non farà, purtroppo, che perpetrare una sconcertante assenza testuale, evidentemente apparsa fino ad oggi trascurabile: quella della clausola finale, aggiunta da Warburg a matita, rigorosamente mantenuta nella prima traduzione italiana, ma espunta dalle edizioni successive, compresa quella italiana per Adelphi del 1998.
Ora, finalmente, il numero 201 di Engramma – 21 aprile 1923. Il rituale del serpente, curato da Silvia De Laude e Monica Ferrando, a cui hanno collaborato Monica Centanni, Flavio Cuniberto, Miriam Gualtieri, Salvatore Inglese, Salvatore Settis, Piermario Vescovo, Giulia Zanon, anche grazie a ricerche effettuate presso l’archivio del Warburg Institute e di altri archivi e istituzioni europee, interroga questo enigma filologico cercando nel contempo di metterne in evidenza il contenuto teologico-filosofico alla luce dello sguardo che Warburg riesce a gettare sui rischi, ma anche sulle risorse, propri della cultura occidentale. Procedimento peraltro dovuto nei confronti del grande studioso che, sfidando le convenzioni storico-artistiche del tempo, aveva per primo parlato di "rinascita del paganesimo antico".
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